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mercoledì 30 gennaio 2013

Chuck Palahniuk, “Fight Club”



Tyler c’era da un pezzo prima che ci conoscessimo.
Tyler pescava pezzi di legno dalla risacca e li trascinava sulla spiaggia. Nella spiaggia bagnata aveva già piantato un semicerchio di pali a pochi centimetri l’uno dall’altro, alti da arrivargli agli occhi. C’erano quattro ceppi e quando mi sono svegliato mi sono messo a guardare Tyler che ne trascinava su per la spiaggia un quinto. Tyler ha scavato una buca a un’estremità del palo, poi ha sollevato l’altra estremità fino a farlo scivolare dentro la buca in modo che rimanesse eretto, un po’ sbilenco.

Ti svegli in spiaggia.
C’eravamo solo noi in spiaggia.
Con un legno Tyler ha segnato una linea dritta nella sabbia lunga qualche metro. Tyler è ritornato a raddrizzare il palo pestando sabbia intorno alla base.
Io ero la sola persona a guardare l’operazione.
«Sai che ore sono?» mi ha chiesto Tyler gridando.
Io porto sempre l’orologio.
«Sai che ore sono?»
Gli ho domandato dove.
«Qui» ha risposto Tyler. «Qui dove siamo.»
Erano le quattro e sei minuti del pomeriggio.
Dopo un po’ Tyler si è seduto a gambe incrociate all’ombra dei pali eretti. Tyler è rimasto seduto per qualche minuto, si è alzato ed è andato a fare il bagno. Si è infilato una maglietta e un paio di calzoni da tuta e si è apprestato ad andarsene. Ho dovuto chiedergli.
Dovevo sapere che cosa faceva Tyler mentre io dormivo.
Se potevo svegliarmi in un posto diverso, in un momento diverso, potevo svegliarmi diverso io stesso?
Ho chiesto a Tyler se era un artista.
Tyler si è stretto nelle spalle e mi ha mostrato come i cinque pali eretti erano più larghi alla base. Tyler mi ha mostrato la linea che aveva tracciato nella sabbia e come usava la linea per calibrare l’ombra proiettata da ciascuno.
Certe volte ti svegli e hai bisogno di chiedere dove sei.
Quello che Tyler aveva creato era l’ombra di una mano gigante. Ore le dita erano da Nosferatu, tanto erano lunghe, e il pollice era troppo corto ma lui mi ha spiegato come alle quattro e mezza in punto la mano era perfetta. L’ombra di una mano gigante era perfetta per un solo minuto e per un minuto perfetto Tyler si era seduto nel palmo di una perfezione che lui stesso aveva creato.
Ti svegli e non sei da nessuna parte.
Un minuto era abbastanza, ha detto Tyler, c’era da lavorare duro per ottenerlo, ma un minuto di perfezione valeva la fatica. Un momento era il massimo che ci si poteva aspettare dalla perfezione.
Ti svegli e tanto basta.
Si chiamava Tyler Durden ed era un proiezionista iscritto al sindacato ed era un cameriere di banchetti all’albergo, giù in centro, e mi ha dato il suo numero di telefono.
É così che ho conosciuto Tyler.

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